Scheda documento torna alla ricerca
«La voce delle donne», [a. II, s.n., 31 marzo 1945]
Il primo articolo "Conquistiamo con la lotta la nostra libertà" è un invito ad intensificare la lotta nel momento in cui gli eserciti angloamericani e quello sovietico si stanno apprestando a sconfiggere la Germania definitivamente e nello stesso tempo è un ammonimento a non approfittare della «confusione del momento» della liberazione per esempio «assaltando i magazzini dei viveri ed i negozi». «Il Corpo dei Volontari della Libertà dovrà avere tutta la nostra collaborazione, il Comitato di Liberazione Nazionale dovrà contare sul nostro ordine in un momento in cui l'autorità e le leggi stanno solo sulla coscienza di ognuno di noi [...]. Le Armate liberatrici saranno facilitate nel loro compito e ci tratteranno da veri alleati, se troveranno al loro arrivo una popolazione liberatasi col suo valore, disciplinata ed organizzata e finalmente dopo il lungo periodo della tirannia nazifascista, saremo ascoltati ed aiutati. A noi donne particolarmente, spettano, nel momento della lotta decisiva, compiti delicati e mansioni importanti; prepariamoci fin d'ora ad assolvere i primi, a compiere le seconde». Il testo prosegue elencando alcuni di questi compiti (assistenza sanitaria, servizio di portaordini, ecc.) e incita le donne a battersi perché il giorno della liberazione giunga in fretta.
"31 marzo 1944: martirio di Eddera Francesca", a distanza di un anno dall'uccisione di Francesca Edera De Giovanni (il nome Eddera è sbagliato: v. Note) da parte dei fascisti, ricorda la sua figura e la pone come esempio per tutte le donne.
"La lotta delle nostre contadine" è un omaggio alle donne delle campagne che, oltre a partecipare alla lotta contro tedeschi e fascisti, si caricano di un lavoro duro e faticoso come quello dei campi; un lavoro indispensabile e importante per garantire le riserve alimentari all'Italia del dopoguerra.
In "Risposta alle accuse della radio repubblichina" i Gdd di Bologna denunciano come menzogne e «ridicole panzane» le dichiarazioni della radio fascista sulle donne dell'Italia liberata che sarebbero «immorali ed emancipate», tanto da volere «la parità dei diritti con gli uomini con la facoltà di eleggere e di essere elette», e colgono l'occasione per scrivere un articolo sui diritti delle donne. L'«enorme immoralità, o non esiste, o, se esiste, essa è logicamente frutto non di un'occupazione straniera, che certe tendenze e certe abitudini immorali non si acquisiscono tutt'a un tratto, ma bensì in vent'anni di un governo che, con ipocrita sistema chiamava la donna l'angelo tutelare della famiglia e la metteva nelle peggiori condizioni morali e materiali, la innalzava agli altari e ne incoraggiava invece la prostituzione, quella prostituzione davanti alla quale si sono trovate tutte quelle donne che erano costrette, per varie ragioni, e non ultima quella di trovar lavoro, a battere all'uscio di un ufficio fascista o a farsi ricevere da questo o quel gerarca. Ed ora è proprio la radio fascista che spesso per bocca di quegli stessi gerarchi grida allo scandalo contro un'immoralità di cui essi, a cominciare dal loro capo, han sempre dato l'esempio. In quanto poi alla cosiddetta emancipazione della donna, essa è soltanto giusta rivendicazione dei suoi diritti, lotta contro le umilianti condizioni delle donne nella società, la cui conseguenza è proprio l'immoralità giacché io credo che non vi sia nessuna donna che, posta in buone condizioni di vita, morali e materiali, batta volontariamente i marciapiedi, a meno che non si tratti di una depravata e quindi di un'anormale. Ma sappia, la preoccupata radio fascista che se noi vogliamo il giusto riconoscimento dei nostri diritti, noi siamo pronte a compiere come prima, anzi meglio di prima, i nostri doveri di donna e prima di tutto quelli che ci impone la famiglia e la maternità, in un'Italia libera dalla schiavitù fascista, in quella Italia democratica e progressiva per la quale noi oggi lottiamo. Ascoltateci bene, fascisti che parlate di noi alla radio con grosse parole prive di senso, in mezzo alle quali inserite troppo spesso quelle sacre di religione, patria, famiglia, ascoltateci voi che ci fate delle ridicole accuse e che ci rivolgete dei patetici appelli, noi donne vi preghiamo di non occuparvi di noi, troppa bontà da parte vostra! non disturbatevi tanto e non commuovetevi troppo sulle, ahimè, tristi condizioni delle donne dell'Italia liberata: questi sono problemi che riguardano noi, dei quali voi non avrete a sentire il peso, siatene certi. Penseremo noi donne, che abbiamo lottato e stiamo lottando a fianco dei nostri uomini per ridare alla Patria l'onore che voi le avete tolto, a lottare contro la prostituzione, noi a difendere il sacro edificio della famiglia, noi donne a mettere la donna al suo giusto posto nella società, a rifarla questa società e quindi ad epurarla dalla peste fascista».
Sotto il titolo "Minime" sono pubblicati due testi brevi: il primo accusa i fascisti di essere intervenuti alla Manifattura tabacchi il 3 marzo 1945 non per sedare la manifestazione e la protesta, ma per riempirsi le tasche di sigarette; il secondo che si intitola "Addoloriamoci" finge dispiacere per l'annuncio della sospensione dei trasferimenti di manodopera in Germania.
L'articolo "Il 10% del grano ai profughi" denuncia i fascisti come bugiardi per aver dichiarato che il grano che deve essere loro consegnato verrà dato in parte ai profughi. In realtà il grano andrà ai tedeschi che oltre a trasferirlo in Germania e ad utilizzarlo per sfamare le truppe e i loro cavalli, lo usano per fare sacchi da trincea, riempire buche, coprire il terreno ghiacciato. Le donne promettono di difendere loro stesse il grano e di smascherare la menzogna fascista.
Il numero si chiude con un elenco di sottoscrizioni per il giornale.
Tra gli articoli compaiono alcuni riempitivi di incitamento alla lotta.
Francesca Edera De Giovanni
Corpo volontari della libertà
Cln
- Rivendicazioni economiche
- Rivendicazioni sociali
- Rivendicazioni politiche
- Questione femminile
- Rapporto con altre organizzazioni
- Organizzazione interna
- Attività
Il numero è edito in L. Arbizzani, La Resistenza a Bologna. Testimonianze e documenti, vol. II, La stampa periodica clandestina, Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1969, pp. 945-949.
Nell'articolo dedicato a Francesca Edera De Giovanni uccisa il 31 marzo 1944 è scritto che si ricorda la sua morte ad una anno di distanza «in questo 31 marzo». Da qui si deduce la data del periodico 31 marzo 1945.
Il secondo nome di Francesca Edera De Giovanni viene erroneamente scambiato per il suo cognome.
Francesca Edera De Giovanni, nata il 17 luglio 1923 a Monterenzio (BO), aderì alla Resistenza nella zona di Monterenzio. Durante una puntata a Bologna Edera e quattro suoi compagni, tra cui suo zio e il suo fidanzato, vennero arrestati e furono fucilati nei pressi del cimitero della Certosa dalla polizia fascista nella notte fra il 31 marzo e il 1° aprile 1944. Edera De Giovanni fu la prima donna fucilata a Bologna. È stata riconosciuta partigiana.
Cfr. T. Rovatti, Via della Certosa, Bologna, 1° aprile 1944, in Atlante delle stragi naziste e fasciste in Italia [http://www.straginazifasciste.it/?page_id=38&id_strage=5211].
Notizie biografiche su Edera De Giovanni in A. Albertazzi, L. Arbizzani, N.S. Onofri, Gli antifascisti, i partigiani e le vittime del fascismo nel bolognese (1919-1945), vol. III, Dizionario biografico D-L, Bologna, Comune di Bologna, Istituto per la storia di Bologna, 1986, pp. 36-37, sul sito Storia e memoria di Bologna: http://memoriadibologna.comune.bologna.it/de-giovanni-francesca-edera-478158-persona; e sul sito dell'Anpi nazionale, Donne e uomini della Resistenza: http://www.anpi.it/donne-e-uomini/2471/edera-francesca-de-giovanni.